domenica 28 luglio 2013

Suite esquilina parte II: lungo via Emanuele Filiberto.

Il nostro viaggio continua lungo via Emanuele Filiberto!

Via Amedeo VIII

Ad accoglierci è lo spigolo a bow window del condominio tra via Amedeo VIII e via E. Filiberto (non mi ricordo il civico).
Il bow window, o bovindo, è un elemento spiccatamente liberty dal nord Europa: indica quelle finestre poste su un arco aggettante rispetto all'edificio. Nel passato serviva ad aumentare le dimensioni di stanze altrimenti piccole e a renderle maggiormente luminose.
Trattasi di un elemento nato in Inghilterra nel Settecento e poi diffusosi anche in Italia tra la fine dell'Ottocento e il primo Novecento, in occasione del progressivo affermarsi del liberty.
Osservare un bovindo a San Giovanni fa pensare a una committenza non del tutto provinciale: da apprezzare a tale proposito la varietà dell'articolazione delle finestre sui tre piani. Sembrerebbe poi particolarmente evidente che i più ricchi abitassero al secondo piano: quel bovindo con balaustra da balcone e archi a tutto sesto su pilastri tuscanici lo testimonia chiaramente assieme al cornicione bianco che separa gli ambienti.
Si faccia ora un confronto tra questo bovindo e una fila di bovindi in stile vittoriano da San Francisco negli Stati Uniti:

Come ben si nota nell'esempio di San Francisco si ha una maggiore fastosità dell'ornato e un più squillante colore, ma l'articolazione delle finestre cambia poco. A Roma a predominare è l'essenzialità: non ho visto gli edifici americani frontalmente ma potrebbe facilmente trattarsi di una committenza più alta per loro.

Prima di rivolgermi al resto della strada noto il bellissimo palazzo sul lato opposto di via E. F. e mi accorgo dello legame che intercorre con il Palazzo della Cancelleria a Campo de' Fiori e non posso che rimanere deliziato da questa rielaborazione in senso monarchico (ricordate il mio post su via Umberto Biancamano?).

Osservando ora i palazzi seguenti, noto il bel condominio al 7 e stilisticamente mi colpisce ben più del condominio a bow window:

1. Presenta un tipo di cornice per le finestre del primo piano che rimanda direttamente al Settecento romano e questo mi fa pensare al secondo decennio del Novecento, ossia quello più liberty.
2. Sono presenti delle pseudo-pietre di volta, dal solo fine decorativo, entro le cornici delle finestre.
3. E' presente un cornicione a fregio dorico includente parte delle cornici delle finestre dell'ultimo piano; particolare insolito ed estroso.
4. L'uso del bugnato è molto misurato: si limita al portale e agli spigoli dell'edificio (ove però sembra più rappresentare dei mattoni). Una cosa simile nei palazzi di stile monarchico era molto più difficile da vedere.
Osservando il portale capisco che l'edificio in effetti risale al periodo liberty, di cui però costituisce una variante contenuta e borghese, in linea con lo stile sobrio del quartiere Esquilino.
Si noti sulla pseudo-pietra di volta l'elegante sigla ad arabesco del, presumo, committente e proprietario dell'edificio in quegli stessi anni.

Tornando indietro mi accorgo, purtroppo, di un bel villino in stile neorococò, urlante liberty da ogni parte, che però mi risulta irraggiungibile dalle strade normali.
E' un peccato perché è un edificio davvero gradevole: guardate che poesia quel ferro dei balconi così piegato e mosso!

Da via Emanuele Filiberto a via Alessandro Manzoni.
Una volta tornato sulla via principale noto il bel palazzo, che mi dà un'idea forte di primo Novecento, al 232 (credo).
Ciò che più risalta all'occhio è l'asimmetria del complesso, anche se la parte confinante con il condominio ispirato alla Cancelleria è separata da una serie di pseudolesene, la cui funzione meramente decorativa è enfatizzata dalla loro trasformazione lineare, in pieno spirito decorativo liberty.
Si guardi anche all'articolazione dei due portali: che si tratti davvero di una specie di "palazzo a schiera"?
Spingendomi ancora più avanti mi avvedo della presenza di alcuni palazzetti in uno stile che gioca al medioevale ecletticamente. Mi risulta molto evidente una certa pesantezza delle strutture unita a una generale serialità: capisco che mi trovo in un contesto di jugendstil italiano maturo da anni Venti, molto da primo fascismo.
A orientarmi così sono:
1. L'uso del bugnato liscio regolare agli spigoli.
2. La presenza della triplice pietra di volta sulle cornici delle finestre o in alternativa la presenza di più pseudo-pietre di volta tutte diagonali con terminazione orizzontale.
3. L'uso creativo del bugnato ruvido come elemento decorativo.
4. La semplicità estrema delle decorazioni: non sono ammesse follie!
5. L'uso di piccoli elementi decorativi, come emblemi senza decorazioni, giustapposti ma non ben amalgamati.




6. Non ultimo la presenza del fascio littorio al di sopra di una finestra del primo piano.
Se ricordate i primi post che ho scritto, il palazzetto in grigio di cui sopra mi fa venire in mente una versione jugendstil, quindi per un ceto più alto, del mitico condominio di via Rea Silvia e di quello sulla via Appia dello stesso colore.
Potrà non piacere, ma si ammiri comunque la varietà delle finestre: come in ogni architettura successiva al liberty sono le forme pure a contare di più.
Di questo palazzetto apprezzo molto il terrazzetto balconato.


I portali.
Anche questi sono improntati al massiccio e sono minimali: riportano alla mente il portale del condominio di via Luigi Tosti all'Appio Latino.
L'unica cosa interessante è l'uso del ferro: decorativo, estroso, virtuosistico.

Qui il ferro ha addirittura sostituito l'arco in muratura con un effetto molto più interessante, a mio giudizio!
Istituto Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario.

Concludo la seconda parte del viaggio con il palazzetto dell'Istituto F.N.S.M.C.
Trattasi di un bell'edificio in stile neosettecentesco dall'articolazione esterna molto semplice: da notare sono i busti entro nicchie a dividere il piano terreno dal primo piano.


Da notare la temperata ricchezza floreale della parte inferiore delle cornici delle finestre del primo piano e la semplicità dei festoni delle cornici del piano terreno, che può essere confrontata con quella dei festoni delle tombe della Sacrestia Nuova a Firenze e con quello minuto della tomba di Cecchino Bracci all'Araceli: entrambi sono di Michelangelo.

Da notare infine l'accuratissima decorazione del cornicione sotto l'attico e del cornicione sotto il tetto.
Non c'è bisogno di ricordare che l'uso dell'uva è spiccatamente cristiano, vero?

Data la misura di questo edificio, ma anche l'uso di dettagli molto vicini al rococò, non ho la sensazione di una data posteriore al 1922-23. Ma non sono molto sicuro: avrei bisogno di un termine di paragone.
Rimane in ogni caso mirabile la cura dei dettagli: nulla è abbozzato, tutto è rifinito.

Alla prossima puntata.

giovedì 25 luglio 2013

Intermezzo I: una buonanotte eclettica.

Amici carissimi,
voglio darvi la buonanotte in maniera elegante e raffinata con un bellissimo portale da via Pozzuoli 7.
Questo post è un po' sperimentale e serve a tenere alta la curiosità e l'attenzione su ciò che saranno i prossimi interventi della "Suite esquilina".
Perché questo portale? Perché quella specie di satiro mi incute una simpatia infinita e, posto in quel preciso punto, mi ha fatto immaginare di essere tornato indietro agli anni Trenta, quando un'arte simile aveva davvero senso e non era solo una memoria per me, spulciatore del dimenticato: non è forse vero che non tutte le cose sono possibili a, e in, tutte le epoche?

Così è  di giorno: non sembra che il Nostro si sia appena svegliato e stia dicendo qualcosa di interessante?
Ovviamente, non essendo questo un post "serio", non vado a indagare ma mi limito solo alle impressioni totalmente soggettive che ne ho ricavato, non curandomi della veracità o meno di quanto ho scritto.
Via Pozzuoli sarà oggetto di un'indagine appropriata probabilmente nella stagione autunnale.

Dai, non è adorabile questa composizione?

martedì 23 luglio 2013

Suite esquilina, parte I: da piazzale Appio a piazza San Giovanni in Laterano.

Ho deciso di far cominciare il mio viaggio da piazzale Appio poiché il mio occhio mi comunica che alcuni degli edifici che sorgono colà sono coevi a quelli che descriverò entro le mura.

Ovviamente, per non andare fuori tema, mi sono limitato a due sole opere: la facciata che dà sul piazzale del condominio di via Appia 5 e la lapide commemorante i caduti dell'Appio durante la prima guerra mondiale.
Si tratta ovviamente solo di assaggi contestualizzanti che verranno adeguatamente sviluppati e trattati in tutta la loro complessità in seguito.
 Ho scelto di fotografare esclusivamente il primo e il secondo piano dell'edificio sopra il negozio "Sabbadini", più scientificamente la parte dell'edificio al di sopra del fregio dorico, per evidenziare la varietà eclettica delle soluzioni ornamentali (a un fregio dorico corrisponde sotto il cornicione un fregio a festoni più ellenistico; i capitelli sono nella versione quattrocentesca fiorentina del corinzio; al centro c'è poi una finestra a serliana -arco a tutto sesto affiancato da due aperture rettangolari sormontate da un architrave separate dalla centrale da due colonne).
Questo è un capitello dal porticato della basilica dei Santi Apostoli a Roma. L'autore è Baccio Pontelli e lo stemma che si vede è quello dei della Rovere: committente della basilica è proprio il futuro Giulio II.

Si noti l'estrema raffinatezza del modellato di queste decorazioni e in particolare si riguardi la serliana: questa è una soluzione molto preziosa al problema di come enfatizzare la finestra principale, ossia l'unica dotata di balcone. Troviamo questa soluzione architettonica applicata nell'arte antica e nell'arte moderna sempre collegata a contesti importanti; ma analizziamone meglio alcuni:
 Qui vediamo il peristilio del palazzo di Diocleziano in Dalmazia, su cui è sorta la città di Spalato: a sinistra c'è la cattedrale di san Doimno, oltre la porta centrale sotto l'arco della serliana c'è un ambiente circolare privo della parte apicale nella cupola che connette poi al resto della città.
Questo è il famoso Missorium di Teodosio. L'imperatore è rappresentato in maiestas al di sotto di una serliana. Questo potrebbe illuminarci sulla serliana di Spalato (no, non leggo libri preventivamente: in questo blog mi limito esclusivamente a fare il formalista quasi woelffliniano).
Questa è la loggia d'onore di Palazzo Te, opera mirabile di Giulio Romano a Mantova. Egli fu l'allievo più dotato e creativo di Raffaello, come ben si sa.

In tutti questi casi osserviamo come le serliane vengano utilizzate a enfatizzare i punti più prestigiosi di un luogo. Quale soluzione migliore, quindi, per far risaltare la finestra principale, l'unica balconata?
Nell'estradosso dell'arco della serliana di piazzale Appio, inoltre, notiamo la sigla, ripetuta due volte, della Banca d'Italia: una volta conosciuta la committenza si comprende bene il perché di tanta particolare e colta raffinatezza.
Questa lapide, oltre a ricordare un evento decisamente luttuoso quale la prima guerra mondiale, è molto interessante: osserviamo una vittoria dalle grandi ali mentre porta un soldato caduto in battaglia su di quella che sembra essere un'ara pagana. Senza voler sproloquiare, osserviamo molto bene lo spirito per nulla cristiano di questa immagine: la concezione che sussiste è infatti quella della "religione laica della Patria" di cui i soldati sono celebrati come i martiri cristiani; ma di queste cose qualsivoglia libro di Renzo de Felice o di Giuseppe Parlato potrà dare resoconti più esatti.
Quello che a noi interessa notare è lo stile spiccatamente liberty anglo-germanico che pervade ogni parte del rilievo:

1) le ali così pronunciate, non so perché, mi fanno pensare alla tomba di Oscar Wilde al cimitero Père Lachaise di Parigi. Mi avvedo però della differenza totale di stile e qualità.
Secondariamente mi viene da pensare, ma in via più casuale, alla Vittoria presente sull'Arco di trionfo di Parigi.
La sua posa può avere un precedente antico in questo mosaico romano da Rimini:
C'è pure una medaglia da Chiari, commemorante le Cinque Giornate di Milano, confrontabile anche se dissimile nell'aspetto complessivo e nella concezione del mondo sussistente:
Da rammentarsi anche la figura della Fama sulle pareti esterne dei propilei del Vittoriano. Essa non ha alcun corno, ma porta una corona d'alloro: questo ci fa pensare che la Vittoria rappresentata possa avere più a che fare con la Fama, o che presenti perlomeno entrambi gli aspetti.

Stilisticamente più vicina è la posa di questa Vittoria del 1924, opera di Mario Sironi dalla collezione Isolabella e Gian Ferrari:

Sempre dello stesso periodo vale la pena ricordare la Vittoria del Monumento ai caduti di La Spezia:
Vale anche la pena ricordare il Faro della Vittoria di Torino, costruito negli anni '20. Si vedano le ali: la positura è la stessa:
2) Il corpo del caduto mi ricorda una figura maschile dal Monumento a Otto von Bismarck ad Amburgo, che molto fortunosamente sono riuscito a ritrovare fotografata.
Inoltre la posa abbandonata mi richiama alla mente il gruppo del Sacrificio, opera del Bistolfi, presente all'Altare della Patria, ma senza gli evidentissimi riferimenti michelangioleschi del primo: 
Il merito di questa bellissima immagine è tutto di Luana_58 di Flickr.
3) La calligrafia usata per l'epigrafe mi ricorda quella usata per Ver Sacrum, la rivista della Secessione di Vienna.
In conclusione, l'opera rivela diversi punti di interesse e risulta anche abbastanza efficace. Come comunicare meglio che la vittoria certamente c'è stata, ma che non è stata per niente facile e ha comportato molte perdite?

Monumento a san Francesco d'Assisi di Giuseppe Tonnini.
Questo monumento è stato realizzato nel 1926 in occasione dei 700 anni dalla morte di san Francesco d'Assisi.
Vediamo il santo isolato, come si conviene a chi è raffigurato in una relazione particolare con Dio, mentre sta in una posa quasi da orante: Tonnini la intese come simbolo del sogno di Innocenzo III (quello in cui san Francesco reggeva la chiesa del Laterano e le impediva di crollare).
Dietro stanno i suoi discepoli.
Da notare inoltre il basamento in peperino del gruppo bronzeo: nella sua bruta semplicità è veramente adatto a essere la collocazione di un santo come Francesco.
Una curiosità per tutti i Romani: il modello di san Francesco è l'anticolano Francesco Toppi. Egli è il bisnonno del chitarrista Richard Benson. Per chi non lo conoscesse, inserisco un video di un suo bel brano; ha fatto molto altro, e spesso all'insegna del trash, ma non voglio andare troppo fuori tema. I video trash, se li volete vedere, cercateveli da voi.

Come conclusione val bene la pena ricordare chi era e che cosa altro fece Giuseppe Tonnini.
Loretano, scolpì anche la statue delle Marche per l'Altare della Patria e il busto di Giacinto Bruzzesi nel 1902 per il parco del Gianicolo.
Da ricordare inoltre il bel monumento ai caduti della prima guerra mondiale di Pescasseroli in Abruzzo.

Molto bella e "jugendstil" la testa di Minerva eseguita per il muro perimetrale esterno del Vittoriano.

Fu dal 1944 al 1947 presidente commissario dell'Accademia di San Luca e dal 1947 al 1948 suo presidente.

Quello che più interessa a noi, ai fini della nostra indagine, è il busto del senatore Luigi Luzzatti da lui scolpito.

Trovo molto efficace lo stile scultoreo del Tonnini, almeno in questa statua: i dettagli non vengono trascurati, ma comunque rimangono secondari rispetto alla composizione generale. Tonnini non vuole giocare a fare il virtuoso, sicché lo sguardo non ha modo di distrarsi seguendo i ghirigori di uniformi e barbe: questa è una scultura che vale come insieme compatto, coglibile con un colpo d'occhio.
Il risultato è di forte efficacia: vediamo il senatore, deputato e Presidente del Consiglio come l'incarnazione della solidità, della riflessività, della sobrietà e dell'efficacia. Si osservi a tale proposito il suo sguardo: incorniciato come è da quei folti sopraccigli, ci appare riflessivo eppure molto vivo al tempo stesso: non ci suscita alla mente un'immagine di un politico stolto e pigro, ma di uno che pensa efficacemente e coerentemente poi agisce, come poi vedremo nei prossimi capitoli della suite.

Sono stimolato a cercare dei precedenti per questa espressione e qualcosa di interessante riesco a trovare, anche se la mia scarsa conoscenza delle sculture romane mi impedisce un po':
Antonino Pio.
Melancolia I di Albrecht Durer.

Ritratto di Nicolas Perrenot de Granvelle (1486-1550): ecco cosa ce ne dice la Wikipedia inglese. Non a caso si tratta anche questa volta di uno statista: he was a French politician who served Charles V, Holy Roman Emperor as Minister of Justice, and a close trusted adviser. He was made suzerain of the imperial city of Besançon and held an influential position in the Netherlands. From 1530 until his death he was one of the emperor's most trusted advisers in Germany. He was the father of the cardinal and politician Antoine Perrenot de Granvelle, also a leading Habsburg minister, and built the Palace Granvelle in Besançon.
Credo che il nostro apprezzasse la teorie della pura visibilità di von Hildebrand; ma è solo una sensazione.

Voglio concludere, ma tanto lo ripeterò anche nei prossimi post, con il pdf dall'archivio della Camera dei deputati con tutti i discorsi di Luigi Luzzatti: