domenica 21 luglio 2013

Tra via Emanuele Filiberto, via G.B. Piatti, via Santa Croce in Gerusalemme e via Carlo Felice. Parte 3.

Concludo la perlustrazione con via Germano Sommeiller e il museo dei Granatieri di Sardegna, che si trova a sinistra della basilica di Santa Croce in Gerusalemme.

Condominio di via Germano Sommeiller 28.


Questo palazzo del 1914 è veramente particolare. Siamo sempre di fronte a un condominio, quindi a una destinazione medio-bassa, eppure la grazia che promana da questo edificio è impagabile.
L'ornato è ridottissimo, giocato sulle curvilinee ed estremamente curato. E' minimale, ma non sembra giustapposto all'edificio.
Si guardi anche al portale e al compromesso fra la tradizione rococò (le mensole del cornicione) e la Grecia (quelle due mezzelune, al di sopra del cornicione in corrispondenza delle mensole, fanno molto pensare a una versione semplificata e "libertyzzata" degli acroteri.
L'effetto finale è di dimessa quanto sobria, ma pur sempre viva, eleganza, almeno secondo il mio sguardo.

Casa generalizia delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù.
Questo complesso è stato la sorpresa del mio itinerario!


Questa che vedete è la parte destinata oggi a casa per ferie. Lo stile è evidentemente neogotico, ma mi dà un'impressione di barocchetto (l'ornato è minimo e un po' sembra giustapposto e l'edificio in sé è robusto, quasi tozzo), sicché lo daterei agli anni '20 del Novecento, magari attorno al 1925.

Questa è la loro casa generalizia. Lo stile non potrebbe essere più semplice. L'ornato mi fa pensare anche qui all'epoca fascista (si guardino le decorazioni delle finestre dell'ultima foto).
Da menzionare la bella effige del Sacro Cuore e la presenza dei festoni nella zona inferiore. Sobrio quanto notevole!


La sorpresa vera però me la riserva la chiesa nascosta di santa Margherita. Dalla strada si vede a malapena (è riservata alle suore e ai loro studenti), eppure quando appare non risulta affatto indecente.
Come ben potete notare, anche qui l'ornato esterno è ridotto all'essenziale: cionondimeno, la facciata non sembra affatto spoglia.
E' presente anche un'interessante lapide del 1959 su una visita di papa Giovanni XXIII; probabilmente in quella donò loro il comprensorio, ma non credo. Perdonatemi, ma il mio latino è molto arrugginito.

Palazzo di via Ludovico di Savoia 40.
 Quando penso a cosa volesse dire essere borghesi nell'era del liberty penso a questo condominio e ottengo una risposta.
L'edificio è di altezza modesta, è di colore poco appariscente e perfettamente piazzato come punto di fuga se si guarda da via Carlo Felice.

Anche qui le decorazioni sono minimali, anche qui si vede un deciso uso della curvilinea; ma è la cura estrema del dettaglio e l'uso di elementi sontuosi e ben gestiti (come nell'ingresso o nei timpani del primo piano) a fare la differenza. Si guarda questo condominio e non si può non pensare alla borghesia romano-piemontese del tardo Ottocento mentre è affaccendata o cammina, rilassata, godendosi la calma riparata di via Ludovico di Savoia.
Si noti inoltre l'uso di stemmi e cartigli privi di immagini araldiche: l'abbiamo riscontrato anche all'Appio a fini decorativi. Qui, invece, l'inserimento di insegne dà l'idea di essere più intenzionale: la nobiltà che interessa alla borghesia non è quella per meriti pregressi, ma quella che si conquista con il duro lavoro e la rispettabilità, sicché è irrilevante l'araldica per chi vive di valore individuale.
Si notino infine le finestre leggermente curvilinee e i finestroni dell'attico.
Tutto l'edificio mi comunica una sensazione di grazia e di buon gusto vissuto concretamente e convintamente, l'ornato non è eccessivo ma è molto curato, le forme sono tutte morbidamente aggraziate: per questo mi sento in vena di ipotizzare una datazione non più tarda del 1918.


Istantanea su via Federico Menabrea.
Si noti la vetrata probabilmente originale.


Museo storico dei Granatieri di Sardegna.
E' un edificio che trasuda patriottismo sano da ogni pietra. Basta guardarlo un attimo per rimanere incantati e commuoversi, se si è amanti della storia contemporanea.
Lo stile è ovviamente il liberty giunto a un passo dall'evoluzione in barocchetto: non a caso siamo nel 1924.
Nonostante questa vicinanza stilistica, il museo mostra una grazia estrema e delle rotondità molto piacevoli.
L'aspetto che maggiormente colpisce della facciata è il contrasto tra il sabbia dell'edificio, il bianco squillante delle decorazioni e quello più scuro, tipico del travertino, dei due volti di leone ai lati della porta principale.
Da notare inoltre le effigi di ufficiali e, mi pare, militi nelle pseudo-pietre di volta delle finestre. Si osservi il contrasto tra lo sfondo grezzo e i tratti più definiti dei volti. L'effetto comunica vitalità e movimento come nei quadri dei pittori italiani dell'epoca.
 Si osservi anche la connotazione molto classicheggiante di questi volti, soprattutto del volto della finestra centrale del secondo piano.

Mi viene in mente come esempio, sicuramente inefficace, il dipinto raffigurante le tentazioni di sant'Antonio di Domenico Morelli, pittore e senatore.

Si guardino infine i bellissimi pannelli con trofei.

Concludo con l'immagine bellissima della lapide dedicatoria. Fa uno strano effetto leggere queste parole oggi...e non voglio dire altro.


Conclusione.
Comprendiamo infine l'intento di chi fece questo quartiere: sulle grandi vie le case popolari, dignitose e con negozi; nelle vie interne le piccole ville e i palazzetti per la borghesia, con un numero minimo di negozi.
Borghesia e proletariato convivono in ambienti che si compenetrano, rimanendo tuttavia separati: le strade sono di media grandezza, adatte a belle passeggiate.

Se fosse possibile incontrare il progettista di questa zona, bisognerebbe stringergli la mano.

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