mercoledì 27 marzo 2013

Da via Rea Silvia a via Orazio Coclite.

1. Introduzione.

Avevo intenzione di suddividere in sole due parti la mia ultima gita nel quartiere, ma l'enormità dei riferimenti e del numero di fotografie mi ha forzato a scegliere per un lavoro diviso in tre.
In questo modo potrò sperare di organizzare meglio le successive aggiunte senza appesantire troppo ciascun post.

2.  Via Rea Silvia.

Fig. 1 Via Rea Silvia.
Poiché sulla strada affacciano ben pochi edifici, ho limitato la mia analisi al civico 6 e al civico 8.
Fig. 2 Via Rea Silvia 6. Ecco il condominio che sembra una versione lineare di un palazzo rinascimentale. Di giorno la suggestione si perde un po', ma rimane comunque molto piacevole. Ho tuttavia scoperto che il cancello in basso a destra, porta alla facciata d'ingresso, che è molto spoglia. Rimane comunque un incanto questo condominio.
Fig. 3 Il condominio di via Rea Silvia 8 da via Adria. Trovo curioso come, imponente ai tempi suoi, oggi sia circondato da palazzoni molto più grandi. Rimane così, testimone solitario di un'epoca, sedimentazione nel corso fluviale della storia.
Fig. 4 Via Rea Silvia 8. Si notino i capitelli delle lesene angolari in bugnato (che già si avviano a diventare lesene lisce come a via Pietro Colletta 8) 
Fig. 5 Dettaglio angolare del complesso. Da notare ancora una volta la finestra timpanata e la compattezza di quelle mensole che sorreggono il timpano. Siamo inequivocabilmente attorno al 1927.
Fig. 6 Mensole quadriformi del balcone del corpo di destra. Da notare le roselline: sono veramente realistiche e deliziose: peccato che la quarta mensola sia caduta; esso rivela nondimeno il carattere fittizio di questo ornato, credo.
Fig. 7 Facciata del complesso di via Rea Silvia 8. Si guardi alla modanatura essenziale dell'estradosso dell'arco d'ingresso. Particolare la pietra di volta; anche qui una pseudopietra.
Fig. 8 Il vestibolo visto dal cortile interno. E'interessante notare la presenza di due finestre al di sopra dell'arco
d'ingresso: è una citazione rinascimentale derivata dal collegamento, probabilmente a corridoio, fra i due palazzi tra piazza Sant'Agostino e Piazza delle Cinque Lune. Si noti, l'uso del bugnato è molto simile [fig. 39]. 
Fig. 9 L'edificio con ogni probabilità sembra tardorinascimentale (chiedo perdono ma non ho idea  di cosa ci sia, o ci fosse, oltre il Pontificio Ateneo della Santa Croce) eppure è così evidente il legame con il condominio di via Rea Silvia 8; talmente evidente da far ipotizzare qualche tipo di intervento in stile, ma sinceramente non ci giurerei.

Fig. 10 Continuo a ritenere che questa sia la casa del custode. La trovo davvero bellissima e trovo molto azzeccato il contrasto fra il verde e l'ocra. Davvero una facciata molto composta, molto piacevole: da notare anche il diverso tipo di timpano spezzato.
Fig. 11 Lanterna sul tetto del vestibolo. Da notare la forma molto particolare, con minimi arabeschi.

3. All'inizio di via Veturia (piazza dell'Alberone 15 e via Appia Nuova 359).

Fig. 12 Visione in prospettiva dei due condominii da via Appia.
I condominii che analizzerò ora sono più o meno coevi. Basandomi sulle testimonianze dei più longevi abitatori, il condominio più antico sembrerebbe essere quello di via Appia Nuova 359, seguito nel 1927 da quello dell'Alberone.
Stando a quanto ho visto mi si permettano due brevi osservazioni:

1) Questi due condominii presentano un impianto certamente popolare, compensato tuttavia da una certa ricercatezza nelle decorazioni; è però da dire che, laddove il condominio sulla piazza presenta forme più raffinate e una composizione meno "da casermone", il condominio sull'Appia presenta le forme tipiche delle case popolari fra gli anni '20 e gli anni '30 dell'I.C.P. (Istituto Case Popolari): per ciò stesso nel primo troveremo cinque piani più un seminterrato, e quindi una minore densità abitativa (niente spazio aperto centrale), un vestibolo di un certo gusto con anche delle decorazioni pavimentali e lo spazio per diversi negozi; nel secondo invece sette piani più seminterrato, un ornato ridotto e maggiormente lineare e senza lo spazio per negozi.

2) Il condominio di via Appia Nuova 359 presenta tre momenti di costruzione:
a) 1926 ca. Due palazzi su via Appia Nuova;
b) 1929/30 ca. Complesso in fondo a destra;
c) 1950s Complesso in fondo a sinistra.
Analizzeremo poi, gruppo per gruppo, le differenze stilistiche. Scopriremo cose molto interessanti.

Piazza dell'Alberone 15.

Fig. 13 Il condominio visto da fuori.
Fig. 14 Vista sul vestibolo del condominio. Come si può notare lo spiazzo non esiste perché  il condominio è esteso solo su tre lati, tutti peraltro uniti. Gli edifici attorno sono di condominii separati.
Fig. 15 Dettaglio della portale che conduce all'appartamento del portiere. Dalla compattezza di quei piedritti che sorreggono l'architrave al di sopra dell'iscrizione intuiamo che siamo dopo il 1925 e sempre più vicini agli anni '30 e quindi al razionalismo.
Fig. 16 Nicchia presente all'interno del vestibolo. Se ne noti la struttura molto essenziale, pressoché prossima a diventare una semplice astrazione lineare.
Fig. 17 Parte apicale del portale d'ingresso, dalla foggia a lunetta. Da notare la grande raffinatezza della decorazione che fa da sfondo alle due pigne sormontanti una base presumo floreale. Il gusto è ancora liberty, la ridotta concessione alla bizzarria parla già del percorso iniziato per la proletarizzazione dello Stato.
Fig. 18 Lato interno del condominio. La destinazione è chiaramente popolare, ma  l'effetto alveare è scongiurato. Il gioco tra le varie nuance del bianco, da poco restaurato, rende molto meno evidente, o fastidiosa che dir si voglia, la destinazione popolare dell'edificio. Puntualizzo questo perché altrove questa sarà più evidente e l'effetto sarà meno piacevole.

Via Appia Nuova 359.

Scrivo questo capitolo per denunciare, per quel che posso, la situazione di rovina in cui versa questo pur pregevole condominio. Presentandolo sotto il lato artistico spero di poter sensibilizzare chi di dovere perché consideri degno anche questo condominio e non solo quello dell'Alberone.

Come approfondirò con un successivo aggiornamento, lo stile di questo condominio, almeno sul lato di via Appia Nuova, sembra essere tipico dei complessi costruiti dall'Istituto di Case Popolari alla fine degli anni '20.
Mi è stata riferita la grande dimensione degli appartamenti sul lato di via Appia Nuova: di sicuro guardando la facciata sul lato interno l'aspetto è da alveare. Solo la particolare articolazione della facciata riesce ad alleggerire questa sensazione.
Fig. 19 Lato interno di uno dei due palazzi sulla via Appia Nuova. Si noti l'articolazione in fasce lisce  fino al cornicione dell'avancorpo centrale. Molto interessante è lì la presenza al di sopra del cornicione di quattro lesene, rette da altrettanti piedritti tra il cornicione sottostante e uno minore poco al di sotto, che simulano le colonne della facciata di un tempio classico: non a caso è presente, sempre illusionisticamente, un fregio e, al di sopra, il timpano sembra davvero dipendere dalle decorazioni al livello inferiore. Il richiamo è decisamente classicheggiante e si può richiamare alla facciata della vicina San Giovanni in Laterano e alla chiesa di San Rocco all'Augusteo [cfr. fig. 20 e 21]. La presenza degli avancorpi laterali non può non farci pensare ancor di più a una sorta di palazzo-corte rinascimentale. Pur nella essenzialità dell'ornato, la volontà dell'ingegnere era di costruire un edificio dalle intenzioni monumentali. Trattasi del condominio sud.
Fig 19 bis. Visione più dettagliata della facciata interna del condominio su via Appia Nuova. Trattasi del condominio nord, in posizione defilata e particolarmente godibile.
Fig. 20 Facciata di San Giovanni in Laterano. Si noti che l'avancorpo centrale, leggermente aggettante, è a foggia di un tempietto. Trattasi di opera di Alessandro Galilei, nipote di Galileo, del 1735 (fonte Wikipedia per la data).
Fig. 21 San Rocco all'Augusteo. Ancor più che a San Giovanni in Laterano, qui l'integrazione fra il tempietto e la basilica si è fatta intersezione; e tuttavia si tratta di un'unica facciata divisa solo dalla grande dimensione delle colonne, enfatizzata ancor di più dal rapporto dialettico con le paraste della facciata, e dalla spezzatura del timpano inferiore, che sembra interrotto dal corpo centrale. Trattasi di opera di Giuseppe Valadier del 1832.
Il complesso del 1929/1930 si presenta sin dall'esterno come una piccola cittadella, tant'è vero che vi possiamo accedere solo attraversando un vestibolo. Le forme però si fanno ancor di più essenziali, lineari e geometrice; il carattere popolare si fa ancor più evidente, ma questo porterà a una piacevole sorpresa...
Fig. 22
Fig. 23 Al di sopra dell'arco di ingresso, nella zona sovrastante ciascuna delle tre finestre, sono presenti tre figure: due sono lavoratori e stanno ai lati (uno presumo sia un contadino, l'altro presumo sia un lavoratore d'industria, ma non ci giurerei, in particolare per l'ultimo), al centro è una madre con il suo bambino. In tre sole immagini ecco presentato il programma fascista degli anni '30: ruralizzazione degli spazi incolti della Penisola, incremento industriale, incremento della natalità: trovandoci in un condominio popolare, mai immagine potrebbe essere più adeguata.
Fig. 24
Fig. 25 Interno del vestibolo. Come si nota è un luogo di parcheggio, tuttavia abbellito da due nicchie ai lati.
Fig. 26 Dettaglio dello spiazzo interno al complesso. Si noti la fortissima semplificazione, rispetto al modello del 1926/27, dell'ornato delle pareti.
Fig. 27 Come si diceva, diminuito l'ornato, il carattere popolare dell'edificio emerge molto fortemente. Visivamente questa spartana semplicità può essere accettabile solo se gli esterni vengono curati regolarmente, al fine di mantenere ed esaltare la purezza geometrica delle superfici. Questo complesso, mai restaurato, offre una superficie esterna ancor più smaccatamente popolare, almeno nella nozione stereotipica del termine: l'aspetto è effettivamente molto dimesso, purtroppo.

Fig. 28 Portale di ingresso alla scala N. Si noti l'articolazione assolutamente essenziale e geometrizzante della superficie.  Trattasi dell'esito finale dello sviluppo dello stile eclettico, secondo quanto ho avuto modo di intendere.
Concludiamo il nostro viaggio con alcune vedute del portale di ingresso.
Fig. 29
Fig. 30
Fig. 31. Si noti la presenza anche qui della pigna come nel condominio di piazza dell'Alberone 15. Qui è ripetuta addirittura tre volte: nella lunetta sopra il portale, accanto alla lunetta.
Fig. 32
A presto con l'ultima tappa: da piazza dell'Alberone a via Cesare Baronio!

venerdì 22 marzo 2013

Aggiornato: Ponte Lungo, Alberone, dintorni.

1. Introduzione: via Albalonga 16.
Per il mio gusto non c'è attività più interessante, fra quelle cui sto attendendo in questi mesi, dello scoprire le modalità in cui cambia la percezione degli oggetti artistici in rapporto all'ora del giorno e quindi all'illuminazione. Vi ho tormentati con dei post carichi di soggettivismo, e se sono stato troppo difficile da seguire vi chiedo perdono, ma servivano per chiarirmi alcune idee riguardo alla identità, per così dire spirituale, del palazzo borghese; per ora solo nella IX circoscrizione.

La teoria che ho formulato non è ancora confermata da confronti precisi, ma sento ciononostante il bisogno di farvene menzione. Per potermi seguire meglio si ricordi il modo in cui sono state ornate le facciate dei palazzi: le varie decorazioni sembrano spesso giustapposte: non c'è ostentazione di marmi o di pietre serene la cui foggia possa risaltare anche nel più tardo crepuscolo.
Il giorno è il momento dell'assoluta oggettività: l'ornato è perfettamente visibile, a ogni elemento è dedicata la giusta illuminazione, lo sguardo può soffermarsi anche sui particolari più significanti. E' il momento perfetto per studiare un'opera per come è in sé, quasi fosse ancora un disegno sulle carte del progettista.
Il tramonto, soprattutto in questa stagione primaverile, è il momento in cui più risaltano le parti aggettanti dell'edificio: per certi palazzi sembra addirittura che le parti ornamentali siano preponderanti sulla funzione (lo condividerò più tardi); sempre che il sole ci batta, ovviamente.
Il crepuscolo è il momento in cui le ombre si fanno più lunghe, i dettagli si fanno più indeterminati, lasciando un vuoto che la fantasia delle persone più sensibili riesce presto a colmare, fantasticando (è il caso per esempio del Notturno a via Rea Silvia). Se di giorno tutto è manifesto e pronto a diventare un segno di status (dalla ricchezza dell'ornato possiamo farci un'idea abbastanza ragionevole, per esempio, della destinazione cetuale dell'edificio), al crepuscolo tutto questo scompare: le finestre timpanate, le colonne in stile barocchetto certo rimangono, ma sono come nude ed è poi la fantasia, come già ho detto, che le riveste.
La notte è il momento in cui tutto diventa indeterminato, invisibile. Mi è parso di notare nel nostro quartiere come di notte l'ornato si smaterializzi lasciando manifesta solo la presenza massiccia dei palazzi, come a dire che se di giorno è fondamentale indicare lo status, di notte rimane l'esigenza primaria di un riparo e di un luogo dove poter dormire al sicuro. Riconosco però che si tratta di una mia interpretazione.

Io ho realizzato interventi fotografici in pieno giorno e al crepuscolo, tra le 18 e le 19. Non mi ero però accorto di queste differenze (non so perché non ci avessi mai pensato prima). Per concludere quindi questa escursione attraverso la luce nei vari momenti del giorno, ho deciso di mostrare la facciata del condominio di via Albalonga 16 di notte. Ho scelto proprio questo palazzo perché, così illuminato, mi faceva tornare in mente "L'empire des lumières" di René Magritte nella versione del Museo di Arte Moderna di New York.
Fig. 1 L'Empire des Lumières di René Magritte.
Magritte in questo dipinto ha rappresentato una città belga, e questo è chiaro e inessenziale. Quello che però risulta più interessante è la rappresentazione di un pezzo di città completamente borghese. Subito notiamo la filosofia funzionalista che sta dietro ogni edificio e ci accorgiamo che l'ornato di questi edifici scompare pressoché completamente nel confronto con la notte e che la luce elettrica del lampione ottiene il solo risultato di condurre il nostro sguardo, ma non dà vitalità a ciò che illumina e, anzi, rende ancora più straniante la foggia delle parti rimaste in ombra dei palazzi; per la gioia degli intelletti sofistici.
Fig. 2 via Albalonga 16.
Come si può osservare, anche nella realtà questa luce non ravviva affatto il palazzo. Ne rende certamente intelligibili alcuni connotati, ma ne lascia oscuri o in chiaroscuro tanti altri, generando ombre lunghe e sommamente artificiali che contribuiscono ancora di più a rendere questo edificio una semplice massa verso la quale tutta la nostra indifferenza si convoglia. Anche se volessimo guardare a cose più specifiche, non vedremmo parimenti che contorni.
Non che questo sia assolutamente negativo, ma certamente rende evidente come la luce modifichi pesantemente la natura di un edificio: come si vede, infatti, da Google maps, di giorno scopriamo che è articolato in modo tale da simulare la presenza di un piano nobile (per chi non lo sapesse, nei palazzi nobiliari il piano nobile era il luogo delle cerimonie e dei ricevimenti e delle udienze e si trova sempre al primo piano). 

Fig. 3 Via Albalonga 16 di giorno. Si noti l'articolazione in tre sezioni della facciata e l'evidenza assoluta del primo piano, data dal cornicione.

2. L'inizio di Circonvallazione Appia di giorno e al tramonto.

Fig. 4 Piazza Camillo Finocchiaro Aprile da via Appia Nuova. Sono ben visibili tutti e tre gli edifici che analizzerò sotto.
Cominciamo con il condominio di Circonvallazione Appia 4. Osservandolo di giorno mi sono abbastanza convinto che sia da datarsi agli anni attorno al 1925: la forma è troppo regolare e leggera, troppo memore di via Cavour per essere posteriore a quella data; oltretutto, a differenza degli edifici condominiali successivi, tutti i suoi lati sono decorati, anche in maniera più essenziale; si guardi infine all'espediente di camuffare le mensole dei balconi a mo' di doppia foglia: se le confrontiamo con le vicine mensole dei balconi di piazza dell'Alberone 15 - su cui poi torneremo - ci accorgiamo subito che la lingua parlata è molto diversa.
Fig. 5 Circonvallazione Appia 4 al tramonto. Non sembra anche a voi che le sue  membrature diventino particolarmente sporgenti ed evidenti così illuminate? L'enorme risalto che acquisiscono mi conquista assai.
Fig. 6 Appaiono ben visibili le mensole che sorreggono il cornicione. Non vi pare  evidente una certa leggerezza, un certo direi piacere nel realizzarle così curvilinee? Come si potrebbe parlare di tardi anni Venti?

Fig. 7

Fig. 8 Ancor più visibili qui sono le mensole. L'uso delle finte foglie è davvero soave secondo la mia impressione.
Per finire un'impressione del palazzo da lontano al tramonto e a mezzogiorno.
Fig. 9
Fig. 9 bis
Ritorniamo al condominio di Circonvallazione Appia 7. Vi ricordate che vi accennavo all'impressione che mi dava di una corte rinascimentale? Effettivamente il condominio è stato costruito come se fosse una corte, ma ciò non è visibile dalla strada.
Fig. 10

Fig. 11 Si notino la grande data e le quattro grandi mensole che reggono il balcone al di sopra della porta.
Fig. 12 Notare come è evoluto lo stile delle strombature di questi due portali di Tomassi. Al posto delle tre pseudo-pietre di volta ce n'è solo una molto poco sporgente; la cornice è decorata da un sobrissimo doppio contorno.
Fig. 13 Facciata dell'edificio. Si noti l'uso di mensole di ferro, probabilmente, per reggere i due balconi al quarto piano.  Non l'ho mai visto finora e mi ha molto colpito.
Fig. 14 Da notare la decorazione molto sobria del vestibolo. Si tenga a mente la decorazione compartita dell'intradosso dei due archi. La ritroveremo.
Fig. 15 Dettaglio della decorazione del vestibolo. Se ne noti la cura assommata a un certo gusto lineare: l'effetto è molto  piacevole, almeno per me.
Fig. 16 Interno del condominio. Quella statua al centro della parete di fondo mi fa pensare, da quando ero bambino, a qualche quadro di Giorgio De Chirico: ha davvero un incredibile fascino e un'altrettanto incredibile stranezza: che ci fa là, per di più circondata dai motorini?
Fig. 17 Se all'esterno l'aspetto curato poteva dare l'idea di un edificio anche un  po' anteriore, ma sempre nell'ordine di pochi anni, all'interno osserviamo il carattere esclusivamente funzionale di questo edificio e capiamo che è pieno figlio degli anni Trenta. Cionondimeno è interessante l'impianto a corte: probabilmente i due avancorpi corrispondono alle due sezioni laterali della facciata. Si tenga a mente anche questa struttura, ché ci servirà tra poco. 

2. Piazza Camillo Finocchiaro Aprile 18.

Fig. 18 Si noti la natura modulare di questo edificio: di fatto c'è una sezione, un'unità di misura, che è data dallo spazio fra le due file in bugnato, la quale si ripete per quattro volte: tre su piazza Camillo Finocchiaro Aprile, una su via Appia Nuova.
Fig. 19
 Quando lo osservai di notte questo condominio mi appariva temporalmente ambiguo: ne notavo certo i dettagli da periodo fascista, ma quando precisamente era stato realizzato?
Osservandolo di giorno, e confrontandolo con il condominio di Circonvallazione Appia 7, mi sono convinto che siamo attorno al biennio 1930/1931, ma non oltre. Se lo confrontiamo con il condominio in fondo a destra di via Appia 359, più o meno coevo, ci accorgiamo inoltre di una destinazione più borghese del palazzo che adesso stiamo analizzando (si vedano le forme aggraziate di tutto l'edificio e il diretto riferimento rinascimentale del portale).
Fig. 20 Si osservi la cornice delle finestre del primo piano e l'uso di pietre bugnate isolate su tutti i lati di esso.
Fig. 21 Il portale. Si osservino le finestre ferrate del primo piano come i palazzi nobiliari del Rinascimento.
Fig. 22 Anche da via Appia si osserva la struttura modulare dell'edificio.

3. Piazza di Ponte Lungo. 

Piazza di Ponte Lungo non offre molte testimonianze del primo Novecento. Quel poco che c'è, tuttavia, merita di essere divulgato per quanto possibile.
Fig. 23 Palazzi di Piazza Camillo Finocchiaro Aprile vista dalla ferrovia sul lato di piazza di Ponte Lungo.
Fig. 24 Via Appia e piazza dell'Alberone sullo sfondo.
Fig. 25 Condominio di via Gela 5. Notare la resa lineare del loggiato al quarto piano  e anche di tutte le cornici delle finestre. Anche se non è un blocco unico, l'effetto che si vuole comunicare è di forte compattezza. Per questo ritengo che questo edificio sia attorno al biennio 1929/1930, facendo sempre riferimento al condominio in fondo a destra del complesso di via Appia 359.

Fig. 26 Si notino inoltre le raffinate linee curve dei timpani dei portali d'ingresso del palazzo e dei vari negozi. Secondo me è molto interessante questo connubio fra il gusto lineare e ridottamente ornamentale del fascismo e la passione per la linea curva dello stile eclettico in generale.

4. In rapporto al post su via Pietro Colletta 30. 

 Nello Speciale avevo espresso dei dubbi sulla datazione del complesso perché non riuscivo a trovare elementi particolarmente caratterizzanti. Posso aggiornare il mio post adesso e dire che il "problema" è per così dire risolto, o quasi.
Cercavo nei dintorni un condominio dai timpani spezzati i cui lati obliqui terminassero, o si identificassero, con delle volute, magari datato e ne ho trovati due. Trattasi dei condominii di via Appia Nuova 225 e di via Tortona 4, datati il primo al 1925 e il secondo al 1926.
Se si guarda poi al condominio di via Appia Nuova sul lato della farmacia si nota inequivocabilmente come la somiglianza con i timpani del condominio di via Pietro Colletta sia forte.
Fig. 27

Fig. 28

Fig. 29
Il palazzo di via Appia Nuova verrà analizzato con maggior precisione in un post successivo, in quanto di un certo interesse. Ciò che ci interessa adesso è notare come l'ornato di questo edificio proponga un modello che verrà poi utilizzato in versione semplificata a via Pietro Colletta. Per questo è molto agevole pensare a una datazione, per quest'ultimo condominio, attorno agli anni fra il 1926/27 e il 1928/29: la mancanza del bugnato e delle cornici delle finestre ci riporta a un periodo tardo, già verso gli anni '30, la presenza di finestre timpanate così curvilinee e di nicchie classicheggianti ci porta indietro proprio agli ultimi 2 anni del secondo decennio del Novecento. La mia rimane comunque un'ipotesi.

Per quanto concerne questo edificio, invece, non posso non notare la piacevolezza e l'accuratezza delle sue decorazioni superficiali e il particolare tipo di capitello utilizzato. Si respira una certa aria di raffinatezza borghese, probabilmente di altra tenuta economica rispetto agli abitanti della zona di via Latina e via Pietro Colletta. Ma come ho detto, lo approfondirò in un secondo momento.